Comunicazione: l’importanza di guardarsi intorno (ma non troppo)
C’è una cosa importante da fare per lavorare bene alla propria comunicazione, solo che nello stesso tempo è anche una cosa scivolosissima e un po’ pericolosa: guardarsi intorno.
Oggi ti spiego perché è così importante e perché però ci devi anche stare attenta, che i rischi di rimanerci sotto sono lì in agguato. No, una soluzione unica e sicura non ce l’ho, ma ti lascio qualche dritta per provare a rimanere in equilibrio.
Aver chiaro cosa ti piace
Sembra una cosa banale, e in un certo senso lo è, ma soprattutto è una cosa fondamentale su cui secondo me non ci fermiamo abbastanza a riflettere: se non abbiamo chiaro cosa ci piace e cosa no della comunicazione degli altri, prima o poi faremo l’errore di infilare nel nostro racconto professionale qualcosa che, visto da fuori, ci farebbe storcere il naso.
Il fatto è che, con la nostra comunicazione, dopo un po’ tendiamo a inserire il pilota automatico. Per abitudine, per comodità, per fretta, per pigrizia – i motivi possono essere tanti ma il succo del discorso è quello: col tempo, sfochiamo lo sguardo, dando un po’ tutto per scontato.
Solo che non va bene, perché da lì a sbagliare qualche tiro è veramente un attimo.
E allora cosa si fa? Si tengono le antenne attive, gli occhi aperti e la mente lucida. Concretamente: ci si guarda intorno cercando di razionalizzare cosa ci piace di quello che vediamo, cosa non ci piace e soprattutto perché: non basta dire “questo sì, questo no”, è importante capire il motivo per cui quella cosa lì ci lascia una bella sensazione e perché quell’altra ci fa correre via velocissimo.
Arrivare a quel perché è fondamentale per non cadere negli stessi errori, per non far subire al nostro pubblico quel fastidio che abbiamo provato noi.
Però occhio a non cadere nel pantano del confronto perenne
Il rischio che corriamo quando ci guardiamo un po’ troppo spesso intorno è questo qui: perdersi in quello sguardo, avvicinarci troppo, iniziare un confronto continuo e non costruttivo con gli altri.
Te lo dico perché ci sono cascata anch’io, più di una volta, e magari succederà di nuovo (spero di no ma, ehi, siamo umani, gli scivoloni sono sempre in agguato). A furia di guardarmi intorno, di studiare cosa facevano gli altri, come, con quale risultato (che poi il risultato “vero” mica lo posso sapere, posso giusto arrivare al racconto che di questo risultato viene fatto), a furia di tenere gli occhi e le orecchie puntate sul fuori, ho esagerato con i confronti e mi sono sentita non abbastanza brava, non abbastanza presente, non abbastanza di successo. Non abbastanza.
E questa è una cosa pericolosissima perché, concentrandosi solo sugli altri, sul fuori, si perde il focus su di noi, sui nostri obiettivi, su quello che invece sappiamo fare e sulla strada che stiamo percorrendo.
Quindi, ecco, le escursioni periodiche per andare a cercare cosa ci piace e cosa no della comunicazione degli altri sono una cosa che non dobbiamo dimenticarci di fare, ma viviamola proprio come se fosse un’escursione: ci prepariamo, andiamo, prendiamo appunti e poi torniamo a casa. Teniamo le radici nel nostro lavoro, nel racconto che ne facciamo. Usciamo, ma poi rientriamo.
Ecco, quello che ti consiglio, quindi, è di non perdere lo sguardo sul fuori ma di provare a restare focalizzata: perché la strada è nostra, siamo noi che la costruiamo. Giorno per giorno, parola dopo parola.
E no, gli equilibri non sono mai facili: sono scivolosi. Ma possiamo provare a diventare delle brave equilibriste. Un passo alla volta, guardando dritto davanti a noi.
[ Se poi hai bisogno di uno sguardo esterno sul tuo racconto, scrivimi: lo analizzeremo e cercheremo di capire come renderlo ancora più “tuo” e più funzionale ai tuoi obiettivi ]
(foto Sara Takforyan on Unsplash)