La maledizione della conoscenza: nemica dei buoni contenuti
Hai mai sentito parlare della maledizione della conoscenza?
Nel titolo l’ho definita come la nemica dei buoni contenuti perché è quel meccanismo che rende i testi che scriviamo meno chiari, meno comprensibili.
Ma andiamo per ordine e vediamo intanto di cosa si tratta e come influenza la “bontà” del messaggio che vogliamo trasmettere.
Cos’è la maledizione della conoscenza
Partiamo da qui, dalla sua essenza.
Si tratta di un bias cognitivo che ci porta a dare per scontato che chi legge – o ascolta – ciò che stiamo comunicando abbia il nostro stesso background e le nostre conoscenze.
In altre parole: tendiamo a dare meno spiegazioni di quelle che dovremmo perché presumiamo che il nostro pubblico abbia le nostre stesse informazioni di base. Molto spesso, tra l’altro, si tratta di un’attitudine inconsapevole, ed è proprio per quello che dobbiamo imparare a riconoscerla.
Questo bias è stato studiato attraverso un esperimento del 1990 ideato e gestito dalla dottoranda in Psicologia Elizabeth Newton. Si trattava di una specie di gioco nel quale un gruppo di partecipanti aveva il ruolo di “tapper” (tamburellatori) e un secondo di “listener” (ascoltatori). I “tapper” dovevano tamburellare con le dita il ritmo di alcune famosissime canzoni e i “listener” dovevano indovinarle. Durante il gioco vennero tamburellate 120 canzoni: indovinate, 40. Una su tre.
Eppure, le previsioni erano più ottimiste: si pensava che la media sarebbe stata una su due.
L’aspetto più importante di questo esperimento, però, è ciò che avviene a livello di interpretazione: i tamburellatori davano per scontato che fosse semplicissimo comprendere la melodia che stavano riproducendo, perché intanto se la facevano risuonare in testa. La sentivano, la seguivano. Insomma, era chiarissima. D’altra parte, gli ascoltatori pensavano che chi stava tamburellando non fosse capace di farsi capire: loro la melodia non la sentivano, ovviamente, quindi non avevano nessuna cornice interpretativa nella quale inserire il ritmo che i tapper riproducevano.
Il risultato, insomma, ci dice che spesso, chi comunica, crede che il suo messaggio sia molto più comprensibile di com’è in realtà.
Le conseguenze della maledizione della conoscenza
Cosa succede quando questo bias agisce sulla nostra comunicazione?
- Assumiamo che chi ci leggerà abbia le nostre stesse informazioni, elementi, conoscenze e capacità di comprensione il contenuto che condivideremo. È come se, scrivendo, sentissimo la melodia che dà senso alle parole, solo che chi poi le leggerà non potrà udirla.
- Quindi, capita che saltiamo dei passaggi. In fondo, per noi sono scontati – quindi, a un livello profondo, pensiamo che lo siano anche per il nostro pubblico.
- Evitiamo spiegazioni che potrebbero chiarire concetti e collegamenti: a noi non servono, non immaginiamo che ad altre persone potrebbero servire.
A causa della maledizione della conoscenza i nostri contenuti sono meno comprensibili, quindi meno utili: questo, in chi legge, può provocare un senso di frustrazione, un allontanamento. Il contrario di quello che si propone un buon testo: connettere, creare una relazione.
Strategie per evitare la maledizione della conoscenza
Vediamo adesso quali pratiche di consapevolezza possiamo mettere in atto per non cadere in questa trappola.
1) Chiederci sempre: quello che ho scritto è chiaro per chi leggerà?
Ricordiamoci che quando scriviamo non è mai per noi ma per altre persone. Teniamole presente mentre progettiamo i testi e poi mentre scriviamo. Adattiamo la struttura e le parole a loro, mai a noi.
2) Confrontiamoci
Se ne abbiamo la possibilità, e soprattutto se stiamo scrivendo un testo complesso, chiediamo un secondo parere. Facciamolo leggere a un’altra persona e chiediamole conferma che tutto sia comprensibile.
3) Meglio una spiegazione in più che una in meno
Se abbiamo il dubbio circa una spiegazione da inserire nel testo, optiamo per il sì: meglio allungare un po’ il tutto ed evitare incomprensioni piuttosto che puntare solo alla sintesi rischiando di lasciare indietro lettrici e lettori.
4) Puntiamo alla concretezza
Più scriveremo testi concreti, che non si perdono nelle astrazioni, più saranno chiari e, quindi, utili.
5) Aggiungiamo esempi
Se inseriamo nel nostro testo un passaggio difficile da spiegare, quando è possibile integriamolo con un esempio pratico: riportare un concetto a una situazione immaginabile aiuta a farlo capire.
Ecco, spero che questi suggerimenti ti siano utili. Qui invece trovi un percorso gratuito dedicato alla scrittura.
Se vorrai, ti aiuterò a curare i tuoi testi: faremo in modo che siano potenti e chiari, coinvolgenti e capaci di creare una relazione con chi li leggerà.
(foto Markus Spiske on Unsplash)