Comunicazione: tre errori da non commettere
Hai presente quando si dice “nella promozione sui social vale tutto”? Ecco, non è vero. Ci sono cose che è bene non fare perché sono antipatiche e controproducenti.
Apro un gruppo Facebook, così ci infilo tutti i miei contatti
Ed è così che si finisce in gruppi come “Amici di quelli che una volta sono passati per il sud-est toscano”, “Amanti di fotografie con dettagli a colori e sfondo in bianco e nero”, “Noi che collezioniamo francobolli emessi tra il 1923 e il 1928”.
Ci sei passata anche tu, lo so. Ed è una sofferenza, perché di stare in quei gruppi non te ne poteva fregare di meno. Perché se ti interessa un gruppo, ti ci iscrivi da sola, senza che ti ci trascinino gli altri. Perché già su Facebook abbiamo cento notifiche, ci mancano solo quelle dei gruppi in cui non abbiamo scelto di entrare.
Capisco tutto, guarda. E quindi ricordatelo, quando avrai aperto un gruppo Facebook e sarai lì col cursore fermo sul tasto “Invita”: stai per passare da vittima a carnefice (lo so, è un po’ drammatica detta così, ma è per dare enfasi), sei sicura di voler andare avanti?
Eh, appunto.
Ah, questa cosa vale pure per i gruppi Messenger, anzi se possibile lì è pure più grave.
Non si fanno gruppi Messenger per promuovere un prodotto, un servizio, un sito o qualsiasi altra cosa. È come quando ti citofonano a casa per tentare di convertirti: non so te, ma io non la prendo mai benissimo.
Chiedo l’amicizia a mille mila persone, così poi li invito a mettere il like alla mia pagina
Uh, quante volte è successo. Più o meno funziona così:
XY ti ha inviato una richiesta di amicizia.
Accetti.
XY ti ha invitato a mettere il like alla sua pagina “I capolavori poetici di XY”.
Rimuovi dagli amici.
Eh, dai. Almeno un po’ di corteggiamento, un minimo di indagine per capire se i tuoi capolavori poetici potrebbero mai interessarmi. Ma in modo così sfacciato. Poi per forza finisce male.
È abbastanza intuitivo ma ripetiamolo, che male non fa, soprattutto perché purtroppo è una cosa che – almeno a me – succede abbastanza spesso: non si contattano le persone per poi chiedere di seguire la propria pagina.
Ci sono altri modi per acquisire fan, modi che oltretutto non solo sono meno molesti ma pure più efficaci sul lungo periodo. Nel senso: anche se tutti i tuoi nuovi amici avessero accettato di mettere il like alla pagina dei tuoi capolavori poetici, siamo sicuri che poi interagiranno, con la pagina? Che trovino i suoi contenuti interessanti? Che facciano quel passo in più che una buona strategia richiede (tipo passare da Facebook al sito, fare un acquisto, iscriversi a una newsletter)? I tuoi nuovi amici non sono un target ben studiato. In un certo senso, sono scelti a caso. E sai a cosa servono a una pagina dei fan casuali? A niente. Ma niente di niente. Di niente. Di niente.
Quasi quasi uso anche WhatsApp
E qui secondo me si arriva a una specie di culmine del male.
WhatsApp non è un social, è lo strumento che usi per parlare con gli amici, la famiglia, insomma chi vuoi, ma – ripetiamolo insieme – NON è un social. È un po’ come se fosse casa tua, il buon vecchio telefono fisso, una cosa che permette a chi ti scrive lì di mettersi direttamente in contatto con te. Senza filtri, quasi senza che tu scelga.
Quindi, ecco, quando mi arrivano messaggi WhatsApp con pubblicità, eventi, promozioni di qualsiasi tipo, ho la fortissima tentazione di bloccare chi me li ha mandati. Ogni tanto poi non lo faccio, ma ho la sensazione che sia più un “non lo faccio per questa volta”.
WhatsApp è uno spazio privato. Niente invii di massa, niente volantini pubblicitari virtuali. Usatelo per mandare un pensiero carino, WhatsApp.
Dai, su. Più cuoricini e meno spam.
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(foto Charisse Kenionon Unsplash)