Quando scrivi, trova i tuoi preferiti e poi uccidili
Intendo metaforicamente, eh. E comunque in realtà non ti chiederò di ucciderli, o almeno non tutti. Qualcuno però sì.
Ok, adesso la smetto di parlare strano e ricomincio da capo, che ne dici?
Chi sono i preferiti e perché sono importanti (e pericolosi)
Facciamo un passo indietro: un po’ di tempo fa ho letto un librino davvero interessante, “Scrivere, che bello!” di Luisa Carrada. È un libro piccino, leggero, che scorre veloce e che ha dentro diverse indicazioni utili per chi scrive, suggerimenti concreti e qualche ispirazione davvero bella.
Comunque, a un certo punto si parla dei “darlings” e se ne parla in questo modo: kill your darlings.
I “darlings”, spiega Carrada, sono quegli elementi che caratterizzano la nostra scrittura, che la rendono davvero nostra: sono le parole, i modi di dire, i ritmi e le inflessioni che definiscono il nostro stile. La nostra voce.
Ma allora perché devo ucciderli?, ti starai chiedendo. E hai ragione, infatti me lo sono chiesto anch’io, solo che poi sono andata avanti a leggere e la risposta che mi ha dato l’autrice è stata molto interessante: non dobbiamo veramente ucciderli, non tutti, ma dobbiamo essere consapevoli della loro presenza e soprattutto capire quando in un testo ne infiliamo troppi, perché in quel caso rischiamo trasformare il nostro articolo (o saggio, o libro, o post) in una specie di macchietta.
Insomma, ci vuole equilibrio: i darlings vanno bene, benissimo, ma non devono spostare tutta l’attenzione dai contenuti allo stile, non devono diventare infestanti.
Quindi, una volta che abbiamo scritto, non ci resta che andare alla ricerca di questi nostri segni distintivi e “far fuori” quelli in eccesso.
E allora ho fatto la lista (nera) dei miei darlings
Così adesso li ho ben chiari, tutti lì, nero su bianco, e questo mi aiuterà a non esagerare, a non lanciarli nei miei testi come fossero briciole lanciate ai piccioni.
Anzi, sai cosa faccio? Li metto pure qui, così magari questo elenco ti aiuterà a creare il tuo:
– la “e” dopo la virgola, anche se non c’è nessun inciso di mezzo: so che in teoria non si fa ma, quando suona bene, mi piace infrangere la regola e mettercela comunque;
– scrivere frasi cortissime e poi magari andare pure a capo: “Comunque.”, “E però.”, “Invece.”;
– barrare le parole e sostituirle con vicino quelle più fighe adatte al contesto;
– rivolgermi direttamente a chi mi sta leggendo, come se fossimo insieme al tavolino di un bar o almeno al telefono;
– le quasi parolacce, che poi parolacce non sono ma che in un articolo professionale si fanno abbastanza notare (tipo “chiappe”, per capirci, che è una parola che mi piace molto e di cui, se non sto attenta, rischio di abusare);
– iniziare una frase con il “ma”;
– gli avverbi di modo.
Quali sono i tuoi darlings? Sei pronta per individuarli e tagliare quelli in eccesso?
E il resto della scrittura, come va? Se vuoi rivedere i tuoi testi e renderli perfetti, iscriviti a Glow: una mail al giorno, per sette giorni, in cui ti regalo un consiglio e una risorsa per scrivere bene.
(foto Mel Poole on Unsplash)